
Volo anch’io! No, tu no!
Conoscere le leggi che governano il mondo non solo permette di prevedere e progettare, ma consente anche di agire in sicurezza. Può non essere vero in assoluto, tuttavia procedendo per tentativi spesso si commettono errori! E così è stato nella storia del volo umano.
Esempio infelice della veridicità di questa tesi sono le decine di aspiranti Icaro che nel Medioevo si sfracellarono a terra dopo aver provato a lanciarsi dai tetti delle case con improbabili ali legate alle braccia. Uno “sport” simile al moderno Parkour, se volete, ma molto più pericoloso. Follia che ebbe fine solo dopo la pubblicazione degli studi del matematico Giovanni Borelli (1680) che dimostrò come i muscoli umani avrebbero dovuto essere 20 volte più potenti per poter permettere, con le ali adeguate, il volo.
Altro esempio, che però ebbe più successo, fu quello dell’aereo dei fratelli Wright (1903): un trabiccolo che restò in aria appena 12 secondi. Un volo incompreso e durato un tempo brevissimo, ma sufficiente per dare inizio all’èra del volo.
Una prima spiegazione fisica della portanza delle ali fu data dal fisico russo Žukovskij (1905) attraverso la legge di Bernoulli: così come un lobbista che si aggira nelle camere del Parlamento più velocemente si sposta da un senatore all’altro meno riesce a far pressione sul singolo politico, così un fluido più velocemente si diffonde (ricordate che il moto è relativo) meno pressione esercita su ciò che lo circonda. Questa legge permette di spiegare la portanza se si immagina che le due correnti in cui si divide il flusso d’aria quando incontra l’ala si ricongiungono insieme alla fine della stessa. Approssimando le ali come mezze gocce che tagliano l’aria con la parte tondeggiante e con la parte piana rivolta verso il suolo, la corrente superiore, che avrà lambito l’ala lungo il profilo smussato, avrà una velocità maggiore della corrente inferiore, che invece avrà accarezzato la parte piana dell’ala. Differenza di velocità che si traduce in una differenza di pressione: maggiore dove la velocità è minore e viceversa. È dunque la differenza di pressione a spingere l’ala verso l’alto.
Purtroppo questa interpretazione, che ancora oggi si trova in alcuni libri di testo (liceali e non), è, per citare il biologo Steven Vogel, «una favola». La legge di Bernoulli non produce una portanza sufficiente a sorreggere il peso di un uccello e da sola non spiega come gli aerei acrobatici possano volare a testa in giù o come funzionino le sottili pale di un ventilatore domestico o gli aeroplanini di carta.
L’errore principale del ragionamento sta nel richiedere il “ricongiungimento” simultaneo delle “due correnti d’aria”: oltre a non avvenire, in realtà, non è neppure necessario. Qual è quindi la legge che permette di derivare la portanza di un’ala? Sarà l’argomento della prossima rubrica!
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Qui un video sul tema
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Il presente articolo è stato pubblicato sulla rubrica “Fisica? Un gioco.” – Sapere, ottobre 2015 – ed. Dedalo.
Mi ricorda quando ero giovane! Ma come mai solo da pochi anni, dal punto di vista scientifico, si è messa in discussione questa teoria? Forse trovata la prima idea, ci si è accontentati della sua validità? O forse a suo tempo non c’erano ancora gli strumenti per metterla in dubbio?
Omar
:-) in realtà la risposta arrivò poco dopo: formale e strutturata. …ma dovrai aspettare il mese prossimo per sapere i dettagli (anche se so che già conosci la risposta, amico mio!).
interessante invece è chiedersi perché in alcuni libri si riporta ancora questa come “spiegazione”… mah. vero è che l’effetto dovuto alla legge di Bernoulli c’è, è importante ed è sfruttato, ma non è la causa principale del volo… per cui, perché tanta approssimazione? sia in campo divulgativo che scolastico??