una bella esperienza
5 Luglio 2016

una bella esperienza
— quanto segue memoria di uno spettacolo fatto il 7.giugno.2016 nel Carcere minorile del Pratello —
In 20 anni mi sono esibito per classi delle elementari, ragazzi di un professionale, studenti di un liceo, bambini dei nidi, laureandi, professori, famiglie, passanti, amici e perfetti sconosciuti, per un pubblico pagante in un teatro, quello inatteso di una piazza, gli ospiti di una casa di riposo, i villeggianti di un campeggio e gli assistiti di un centro ANFFAS. La platea più particolare per la quale mi sono esibito sono stati gli abitanti di un piccolo villaggio a sud di Iringa, Tanzania. La più inconsueta… sino a ieri.
Ho il brutto vizio di rispondere sempre sì. A priori. Solo dopo mi pongo il problema. È una cosa che mi ha insegnato mio padre: per non perdere occasioni. Per Vivere.
Quando mi hanno chiesto se avessi voluto esibirmi nel carcere minorile del Pratello per i ragazzi che ospita ho reagito come mia abitudine. “Sì! Certo!”. Ma non immaginavo sarebbe stato così emozionante.
L’aria che si respira dentro quelle mura è, per me, surreale. Ospitato dentro un vecchio convento, fresco e affrescato, in queste prime giornate afose tutto sembrava meno che un luogo di detenzione, rieducazione, privazione della libertà. A ricordarmelo le sbarre, le grate, le doppie se non triple porte, le guardie che, sempre gentili e sorridenti, erano le uniche a poter aprire i pesanti cancelli. Poi, ad aumentare il senso di straniamento, i detenuti che gironzolavano tra i corridoi (apparentemente) liberi, le loro chiacchiere con l’educatore, gli scherzi con i guardiani, le confidenze ed i sorrisi con le ragazze della fondazione Uniti per Crescere Insieme. Perché nel mio immaginario avrebbero dovuto esserci delle divisioni, noi e loro, senso di oppressione forse no, ma non risate.
Le chiacchiere con un paio di ragazzi prima del mio intervento sono state intense e leggere al tempo stesso: che sport fai? Per quanto tempo resterai? Hai figli? Dove abiti? Forte era la voglia di sapere e il bisogno di raccontare, ma altrettanto presente era l’idea che forse non tutto viene detto e molto è nascosto. Perché ci sono muri, tra quei muri, che anche uno come me, che si butta nella vita, percepisce e rispetta.
…forse non hanno avuto un papà come il mio, che mi ha spinto a sorridere in faccia alla vita…
Poi l’esibizione. Ciao, sono Federico. Tra il pubblico una ventina di ospiti, guardie, psicologi. Difficile distinguerli. Faccio il giocoliere da vent’anni, una passione che è diventata un lavoro, vorrei farvi vedere qualcosa, condividere. Sguardi perplessi. Sorrisi. Ostentazioni…
Un pezzo di palline nato in Tanzania, senza musica o parole. Una coreografia con tre cappelli su una cover di Michael Jackson. Un pezzo tratto da Fisica Sognante sulla caduta dei gravi e mattoni da giocoliere. Un monologo contro la TV spazzatura e i reality usando il monociclo. Un’esibizione tecnica col diablo.
Lo spettacolo è volato: 45’ pieni di sorrisi, applausi, sguardi rapiti. Poi le domande hanno aperto la possibilità di passare qualche messaggio: perché se è vero che certe parole possano suonare come una paternale, le stesse frasi dette da qualcuno che sembra (non dico di esserlo) realizzato e che ha appena fatto qualcosa reputato “bello” risultano un consiglio, una possibilità di riflettere, condivisione di altre possibilità di vivere e vedere. “Perché non fate una rivolta?” domanda fuori dal contesto e forse involontariamente provocatoria è diventata la possibilità di riflettere su cosa vuol dire lottare difendendo quello che si ha! Provare a cambiare le cose dentro le regole. La possibilità, in questo modo, di difendere i più deboli.
Nessuno si è alzato per tutto il tempo dell’esibizione, un paio solo sono andati a fumare durante le domande, e alla fine molti sono venuti a stringermi la mano, a salutare, a farmi i complimenti, a provare i miei attrezzi. Non troppo, in assoluto, ma molto più del solito.
Da cui l’ultimo pensiero. Si sbaglia. Tutti. Ed è giusto pagare. Ma se per farlo il prezzo sono tempo e libertà, questa privazione Deve diventare l’occasione di cambiare. Spero di aver aiutato a far un passo verso quella direzione. Forse tutti dovremmo… potremmo aiutare gli altri in questo cammino.
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— segue il comunicato stampa —

1 commento
kappesante
e bella te