Tutorial corsari
24 Giugno 2021

Tutorial corsari
Fare teatro è coordinare tra loro, in libertà o dentro un brogliaccio o un copione, corpo, voce e ritmo interiore. E, per quanto sembri folle, fidatevi: nessuno li sa davvero gestire sinché non studia. Movimento espressivo, vocalità, improvvisazione, yoga, recitazione sono solo alcune delle “materie” che si approfondiscono nelle scuole di teatro[1] e nessuna è più importante dell’altra: un po’ come nella scuola dell’obbligo italiano, matematica, inglese e compagnia cantando concorrono a sviluppare le diverse intelligenze, le discipline teatrali formano l’attore fornendogli poliedrici strumenti comunicativi e di conoscenza di sé.
Il teatro è in primis azione. O, quantomeno, io l’ho sempre vissuto così. Non potete immaginare quante ore si cammini, nei laboratori di teatro. Per prendere dimestichezza col proprio corpo, per lavorare sul neutro, per imparare a caratterizzare. Camminando si raccontano storie: partenza-camminata-fermata come fossero testa-corpo-coda di una barzelletta o inizio-svolgimento-fine di una storia. E mentre cammini devi gestire non solo il corpo, ma anche le interazioni: con lo spazio e con l’altro. E così introduci l’incontro e lo scontro, l’attesa e l’abbandono, le scelte e le costrizioni. Camminata sui talloni o sulle punte, veloce o lenta, alta o bassa, indecisa o sicura, con centro nel petto o nelle ginocchia. Camminate a due o in gruppo, viaggiando con l’altro o sull’altro, vicini o distanti. E poi dal camminare si passa al prendere forma, che è un dare forma al proprio corpo: dall’astratto al figurativo e ritorno. E poi le azioni: da soli, in coppia, in gruppo. Improvvisate o concordate, completamente libere o seguendo un canovaccio. E infine arriva la parola, che intanto la si è allenata: perché la si può dire o vivere, perché può essere sussurrata o gridata, perché la parola è significante che può essere caricata di diversi significati.
Ed è con questa consapevolezza che negli ultimi 12 anni ho tenuto corsi di teatro insieme al mio socio, regista, collega e amico Michele Collina – teatro (in)stabile. (Per)corsi che ci hanno regalato più di una soddisfazione: non ultima, ragazzi che, ormai usciti dal liceo da uno o due anni, continuano a seguire i nostri laboratori.
I teenagers sono eccezionali. Hanno dentro una vitalità unica, sono pieni di sogni e speranze, le idee diventano certezze inoppugnabili mentre mille dubbi sui perché e sul domani li attanagliano. Quando sposano una causa poi, come per le amicizie o i primi amori, le dedicano anima e corpo come se null’altro ci fosse al mondo. E sono “grezzi”, nel senso che devono ancora darsi una forma, e continuamente in ricerca: se è vero che il teatro è per tutti e che tutti dovrebbero fare teatro (in primis i docenti), nell’adolescenza questa cosa è vera più che mai. È probabilmente per questo che Michele e io ci troviamo tanto bene, in questa dimensione tra il formativo e il creativo dove non si capisce mai chi sia veramente a imparare e arricchirsi, tra noi e loro.
Partendo dalle grandi tragedie o temi generali, seguendo le loro intuizioni e proposte o fornendogli suggestioni su cui riflettere e lavorare, hanno preso vita, in questi anni, lavori di qualità. Non “la recitina” in cui la battuta è “detta”, ma vere e proprie performance che hanno emozionato. Emozionato il pubblico, certamente, ma soprattutto i ragazzi e noi. Sono 24 anni che vado in scena e mai sono stato tanto agitato come quando si fa buio in sala, l’attimo prima che i “nostri” ragazzi entrino sul palcoscenico.
Due anni fa stavamo lavorando sull’Amore e il gruppo ci aveva portato ad approfondire aspetti (per noi boomer) inattesi, come per esempio l’identità di genere. Era ormai un mese che discutevamo sul tema quando, scioccamente, un politico di livello nazionale attaccò la nostra scuola per un’assemblea studentesca dedicata alle stesse tematiche. Una coincidenza, certo, ma chi ci avrebbe creduto? Temevamo, noi registi, che ci avrebbero accusato di “cavalcare l’onda mediatica”. Ma cambiare tema in corso era impensabile: avevamo già alcuni quadri pronti di una potenza visiva incredibile (con sedie che, guidate dagli attori, si incontravano e scoprivano a ritmo di musica) e poi ormai era inizio febbraio. Febbraio 2020.
Ci ha pensato il covid a “risolvere il problema”. E così tutto il lavoro è ancora lì, in stand-by. Ci siamo promessi di riprenderlo, appena possibile, ma il laboratorio è stato sospeso, come tanto delle nostre vite, e l’anno scolastico si è concluso così: con un vuoto.
A settembre 2020 però la mancanza era tanta e tale che non ce l’abbiamo fatta ad aspettare ancora e abbiamo deciso di dare vita a un nuovo laboratorio teatrale, ma a distanza. E, come spesso accade nella vita, abbiamo dovuto mettere in discussione le nostre convinzioni, ripensare le strategie, rivoluzionare le abitudini consolidate. In altre parole: il teatro è azione? Bene. I ragazzi ora sono seduti dietro una webcam. Palla al centro.
Se dicessi che è stata una passeggiata mentirei: darsi la motivazione per trasmettere energia al gruppo è stata forse la cosa più difficile, che si è aggiunta ai problemi tecnici, alle incomprensioni, alla mancanza di occhi in cui specchiarsi. Però è stato anche molto stimolante: per noi due, che abbiamo dovuto partorire continuamente esercizi nuovi e su misura, e per loro, che hanno dovuto confrontarsi soprattutto con la parola detta (che è altro da quella scritta): di tutti i registri comunicativi quello che solitamente il “teenager quadratico medio” rifugge o con il quale ha meno dimestichezza nell’esprimere gli universi che ha dentro. Insomma: di necessità virtù.
Inoltre, a essere onesti, sapevamo da dove partire, avevamo idea dei primi passi e del perché intraprendere il viaggio… ma non avevamo idea di dove saremmo arrivati. Non che tutti i laboratori tenuti sino ad oggi fossero iniziati con in mano un copione scritto! Anzi: i copioni, in questi anni, li abbiamo scritti strada facendo, grazie al gruppo e con il gruppo, ci mancherebbe! Per come lavoriamo, ragazzi diversi danno vita a spettacoli completamente diversi… ma “il buio” che avevamo davanti quest’anno, mai prima!
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Poi la folgorazione: produrre tutorial, della durata di 1 minuto, da mettere in rete. Brevi video pensati e montati dai ragazzi per i ragazzi, ma con dentro, decontestualizzate, parole tratte da Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini: parole scritte ormai 50 anni fa e come mai prima attuali. Tutorial che, come piccoli cavalli di troia, sarebbero penetrati nei social per parlare in modo inatteso a un pubblico altrimenti difficile da raggiungere. Tutorial Corsari.
I ragazzi hanno dovuto così pensare al loro tutorial, girare il video e l’audio, recitare la frase di Pasolini loro assegnata, montare il tutto con programmi di editing che hanno dovuto imparare a usare, preparare le copertine, aprire dei profili sui principali social a nome Bassilab_teatro (ci trovate su youtube, instagram, tiktok, twitch, faceboook) e studiare dove, come, quando pubblicare per avere il massimo del risultato.
Quelli che seguono (sotto!) il frutto di tutto questo lavoro. Buona visione.
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[1] Per me fu la “Scuola di teatro Colli”, qui a Bologna: dalle 18 alle 24, 5 giorni a settimana per 2 anni. Una delle esperienze più formanti ed importanti della mia vita. Sia professionalmente che umanamente. Consiglio.