Occhi per Vivere

5 Dicembre 2015

Occhi per Vivere

Lavorando con i miei studenti, mentre mi confronto con il pubblico alle conferenze, durante gli spettacoli, ma anche più semplicemente al bar o in fila alla posta, mi rendo conto che non abbiamo gli occhi per osservare il mondo. Ci manca la possibilità di vederlo, di guardarlo veramente, di comprenderlo. In alcuni casi anche solo di provarci.

Il mondo è sempre stato qualcosa di complesso, per varietà e per velocità di variazione, nel suo insieme e nell’interazione delle sue innumerabili parti, ma penso non sia mai stato “difficile” come oggi.

Un paio di giorni fa un mio studente mi ha chiesto: “Prof, sa che con motori ad energia elettrica potremmo sostituire il petrolio?”. Questo ragazzo frequenta l’ultimo anno di un liceo classico e può già votare. Nelle sue parole ho visto non solo la mancanza di una visione d’insieme e di una vera riflessione sul problema ma anche la mancanza degli strumenti per capirlo. Quanto tempo ci vorrebbe per fare il pieno ad una macchina elettrica? In un ibrido, dove potremmo mettere il secondo motore? Quali sarebbero le ripercussioni sul mercato? O sull’indotto della distribuzione di petrolio? O sui paesi che hanno un’economia centrata su di esso? E l’energia elettrica come viene prodotta?

E riflesso nei suoi occhi ho visto le mie mancanze, i miei limiti. I limiti di tanti. I limiti di troppi. Fra i primi, i limiti di chi ci rappresenta.

Spinte culturali, interessi economici, limiti tecnologici, implicazioni etiche, ideali politici sono solo alcune delle problematiche che si mescolano per rendere una domanda, all’apparenza così semplice, un quesito alla portata di pochi. Troppo pochi.

…e gli argomenti con una complessità così strutturata sono innumerevoli: il nucleare, l’eutanasia, l’eugenetica, le guerre di pace, il concetto di libertà, internet, il terrorismo, il riscaldamento globale ed i cambiamenti climatici, l’immigrazione …

Quindi? Quindi si dovrebbe cambiare. A partire da chi ci governa.

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Al potere servono persone preparate sia dal punto di vista umanistico che scientifico, che conoscano sia il mercato e l’economia che la tecnologia e la scienza, sia la filosofia, i classici e la storia che i computer, l’informatica ed internet.

Come cambiare quindi l’élite di governo? Cambiando noi.

So che “la casta” tende ad auto-riprodursi e che al tempo stesso ci influenza, cambiandoci. La propaganda è forte. Ma l’essere nostra emanazione resta uno dei fattori principali, se non il preponderante, che contribuisce a determinare la classe politica. Sono quel che sono perché siamo quel che siamo.

Inoltre come possiamo parlare di democrazia se il popolo resta ignorante? O continuare a votare senza sapere? O essere veramente popolo sovrano senza occhi per vedere?

Sono profondamente convinto che ci siano persone che si stanno muovendo nella giusta direzione e che guardano il mondo con diverse prospettive come se fossero una sola (ho visto lezioni su musica e matematica, fisica e giocoleria, Democrito e Mendeleev) ma lo fanno per esigenze nate in loro, perché hanno avuto la fortuna di avere una formazione poliedrica o perché si sono costruiti un sapere strutturato su diversi piani sa soli, a fatica. Ma non basta.

Come cambiare noi tutti, quindi? Tramite la scuola, l’educazione, la formazione.

Ma per fare questo servono investimenti importanti, scelte coraggiose, una riforma vera. Si devono scegliere nuclei fondanti, tanto per cominciare, per poi metter mano ai programmi ministeriali tagliando, mettendoli in parallelo, riprendendo i classici per arrivare sino ad oggi, … Si devono aumentare le ore di insegnamento, formare docenti e formatori, dare una visione della Cultura a 360°, rinunciando alla divisione tra cultura umanistica e cultura scientifica.

Ciò che auspico è quindi il realizzarsi della terza ondata di cui parlava Platone: che i filosofi governino o che i governanti facciano pura ed autentica filosofia. Dove, con filosofo, si intendeva colui che cerca la verità nella sua interezza, in un’epoca in cui il sapere era uno ed il filosofo non era altro dallo scienziato. Un’epoca in cui non c’era distinzione tra prima e seconda cultura.

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Il presente articolo è stato pubblicato sul libro “Terza Cultura – Idee per un futuro sostenibile”, ed. ilSaggiatore – gennaio 2011.

2 commenti

  • Preoccupante deriva autoritaria però.
    A me non dispiace l’idea che un ragazzo di 18 anni possa sognare. Realizzerà il suo sogno a 30 forse. Glielo auguro almeno. Forse non ha gli occhi per osservare il mondo ma ha le idee per cambiarlo.
    A 18 anni la velocità della luce non è così lontana e l’orizzonte degli eventi può essere molto diverso; non per questo sbagliato però.

    • federico benuzzi

      non capisco il commento, ma probabilmente è colpa mia.

      l’intento del saggio voleva essere quello di parlare di III cultura …o se preferisci del sapere utile per essere cittadino e quindi politico come un insieme delle due culture tradizionali: umanistica e scientifica.

      …poi a 18 anni, volendo seguire il tuo pensiero, si ha l’età per lavorare, per votare, in alcuni paesi anche di più… e quindi è forse d’obbligo, mentre si continua a sognare (e per fortuna lo fanno!!), farlo con consapevolezza. forse solo così avremo davvero un futuro.

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