Mai più bocciature!
5 Luglio 2021

“Mai più bocciature!” …
…o anche “Vi boccio tutti!”. Ero proprio indeciso su quale titolo dare a queste poche righe. Ovviamente, come immagino avrete già intuito, sono entrambi provocatori, e nessuno dei due incontra la mia idea di scuola.
Premessa (che caratterizza tante delle riflessioni che condivido con voi su questo blog): insegno alle superiori; le parole che seguono sono quindi da pensare in quella cornice. Sarebbe però interessante che commentassero, facendo i dovuti distinguo, anche colleghi (o non, se credete) di altri gradi di istruzione. In altre parole cerco un confronto, ora, a bocce ferme, partendo dalla condivisione di alcune storie di vita vissuta. Tutti i nomi che seguono, quindi, sono di fantasia, il genere dei protagonisti casuale, mentre le storie, ribadisco, sono vere.
Elle era un ragazzo sveglio, ma poco volenteroso. A scuola aveva sempre fatto il minimo, vivendo di rendita sin dai primi anni. Quando si sono fatte elementari e medie[1] di qualità e con profitto, spesso il primo anno di superiori “scivola via che è una meraviglia”, ma questo può essere un problema! Non apprendendo un valido metodo di studio, senza fissare modi e tempi caratteristici delle diverse discipline, sorvolando su ciò che non si conosce perché ciò che si sa è (letteralmente) sufficiente si creano buchi che poi, nonostante le potenzialità, difficilmente si recuperano. E così il suo rendimento scolastico è calato. Discreto in prima, sufficiente in seconda, è stato poi promosso in terza, quarta e quinta per il rotto della cuffia. Il terzo anno senza nessun debito ma con più di una materia in bilico e con docenti che han premiato la memoria di quello che era o che avrebbe potuto essere. Il quarto anno con tre insufficienze non recuperate a settembre, se non in minima parte, ma graziato perché fermarlo sarebbe stato uno spreco. In quinta perché ormai non lo si poteva non ammettere all’esame, con la classica motivazione che tanti colleghi riconosceranno (e che trovo sciocca): “è arrivato sin qui… lo si doveva fermare prima”. E così Elle è passato con un voto poco più che sufficiente all’esame finale, è entrato all’università e poi, dopo quattro anni di pochi (mezzi) successi e una miriade di tentativi, si è ritirato e ha cercato un lavoro. Vecchio, rispetto a tanti coetanei che entravano nel mondo del lavoro subito dopo il diploma, e senza un pezzo di carta davvero valido per farlo, essendosi diplomato in studi classici.
Light iniziò il primo anno delle superiori malissimo, ma data la situazione “a casa” venne graziato a settembre. Il secondo anno però le lacune erano tali e tante che lo si è fermato. Decisione sofferta, data la storia personale, ma comandata dallo stato delle cose. Ovviamente parlammo con lui e con la famiglia, non fu certo un fulmine a ciel sereno, ma le lacrime, quando la bocciatura si materializzò, perlarono comunque il suo sguardo. L’anno dopo, quando si presentò ai nuovi compagni, era una persona diversa: dati tempo dedicato allo studio e qualità dello stesso, si faticava a riconoscerlo. Non ha mai raggiunto l’eccellenza, ma non è neppure stato più rimandato a settembre (se non un anno in matematica, scusate!) e, una volta entrato all’università, ne è uscito in 5 anni tondi tondi e con ottimi voti.
Misa invece fu bocciata già in prima: non aveva mai aperto libro, difficilmente avremmo potuto fare qualcosa di diverso. Ma il secondo anno fu uguale e venne promossa al motto (per me sciocco): “non si boccia mai due anni di fila!”. Fermata poi nuovamente in seconda si è ritirata per andare in una scuola privata e ne ho perso le tracce.
Aggiungo a queste storie, che sono rappresentative di una miriade di altre ma che però vi risparmio per brevità tanto immagino avrete capito il senso, alcune confidenze per cui i colleghi spero non me ne vogliano.
Esistono insegnanti che non danno debiti o insufficienze, a prescindere. C’è chi per evitare ricorsi, chi per lavorare meno (perché poi ci sono i corsi di recupero, i programmi personalizzati, i compiti in classe a metà anno e gli esami di riparazione, …), chi perché è consapevole di aver dato poco e allora non si sente di pretendere…? Non lo so, sono illazioni le mie. Ma esistono.
Così come esistono quelli che di insufficienze ne danno a iosa e non si inquietano se ogni anno l’80% dei ragazzi di ogni classe ha regolarmente il debito. C’è chi lo fa per nascondere un risentimento verso gli alunni, chi conosce in maniera approfondita la materia ma non è capace di renderla comprensibile e la colpa è sempre dei ragazzi, chi crede che “tanti insufficienti, tanto onore” …? Non lo so. Anche queste, ovviamente, sono solo illazioni. Ma anche loro esistono.
Per fortuna, però, tra le due mitologiche categorie esiste anche una miriade di insegnanti equilibrati, che sono la grande maggioranza[2]. Che ricalibrano la materia, le lezioni, il programma, gli obiettivi e i registri comunicativi in base al gruppo classe e che riescono anche a differenziare didattica e valutazione dentro il gruppo, tra ragazzo e ragazzo.
Ed esistono scuole in cui il corpo docenti è al 90% di un tipo o dell’altro, certo, e questi “casi di scuola”[3] vanno combattuti – chiaro come il Sole! – ma la stragrande maggioranza degli istituti o, meglio ancora, dei consigli di classe (perché sono loro a fare davvero la differenza) sono equilibrati. Un docente troppo buono, un paio troppo cattivi e sette o otto nel mezzo. E sono questi gruppi, eterogenei e sapientemente[4] calibrati, che vanno a valutare. Non è mai un solo docente che boccia! “Il prof di mate ce l’aveva con me e mi ha bocciato” è una leggenda urbana. E trovo, tra l’altro, molto formativo che i ragazzi debbano rapportarsi con insegnanti tanto diversi…
…e si arriva così a giugno, giorno degli scrutini.
Elle, Light, Misa e tutti gli altri sono stati osservati per un anno intero dai loro professori. Con alcuni hanno instaurato un dialogo (se non loro, le loro famiglie) mentre con altri si sono limitati al confronto “istituzionale”, ma intanto gli insegnanti si sono confrontati durante tutto l’anno su ogni loro discente. Se non siete prof non potete immaginare quante mail ci scambiamo e quante siano le riunioni improvvisate (che si vanno ad aggiungere alle ufficiali) tra bar, corridoi e videoconferenze, sui casi più delicati e non.
“Elle dorme solo con me? Ho anche provato a portargli un caffè, ieri, letteralmente! Ho solo strappato un sorriso, ma poi è tornato nel suo mondo. Con te come…?”.
“Light finalmente ha consegnato un compito! Ed era pure fatto bene! Chissà che le cose non vadano meglio… sai nulla di…?”.
“Misa non si fa viva da 4 giorni… sì, lo so che ieri c’era… secondo me evita le mie ore. Hai poi parlato con la mamma?”.
Quando quindi si arriva allo scrutinio non è il singolo docente che decide alcunché. I voti, così come promozione o bocciatura, sono collegiali. E non sono, il fermare il ragazzo un anno o ammetterlo al successivo, punizione o premio, ma la chiusura di un percorso. Un viaggio durato un anno, condiviso tra lui e una decina di professionisti della scuola. Chiusura su cui tutti hanno una responsabilità, ma le cui conseguenze ricadono in primis sul discente. Però una bocciatura non è una sconfitta. Deve invece essere presa come occasione di ripartenza: uno stop che deve permettere di capire cosa non andava, una possibilità di mettere a posto modi e tempi, aggiustare il metodo di studio, colmare le lacune. Un anno in più per maturare, perché l’obiettivo è e deve restare sempre uno: formarsi (e formare). Col giusto tempo.
Non sono quindi favorevole o contrario alla bocciatura. È giusto a volte che ci sia, tutto qui.
Aggiungo però, in chiusura, una riflessione rispetto l’anno passato: trovo la scelta del ministero, di comunicare già a metà aprile che non si sarebbe potuto bocciare, una stortura e un’offesa. Avevamo avuto modo di valutare i ragazzi sino a fine febbraio (6 mesi su 9) e siamo professionisti: doveva lasciare a noi la possibilità di decidere. Magari caldeggiando le promozioni, ricordando la difficoltà, ma senza impedimenti. Un po’ perché così in molte realtà i ragazzi hanno tirato i remi in barca a tre mesi dalla fine dell’anno scolastico, aggravando lacune preesistenti in maniera forse, ora, irrecuperabile. Un po’ perché a febbraio, soprattutto nelle prime, già si vede chi ha “scelto la scuola sbagliata”[5] e invece ci siamo ritrovati in seconda o in terza ragazzi che magari avrebbero dovuto cambiare corso di studi.
Senza contare che se è vero che siamo professionisti, allora, cavolo, riconoscetecelo e lasciateci fare il nostro mestiere! …ma dato che lo scorso anno tutto è stato accettato senza colpo ferire, fatte salvo sparute voci isolate, forse siamo noi, i primi, a non considerarci tali.
Buona estate. Che sia per tutti occasione di rinascita.
p.s. in questi anni ho scritto tanti articoli sulla suola, l’insegnamento, la didattica. Alcuni li trovate linkati nel testo (si parla di valutazione, programma, del fare lezione o di improvvisarne una, della DAD, …), ma l’elenco completo lo trovate cliccando sul tag “scuola” in fondo alla pagina.
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…e stessa cosa per il canale youtube… vi aspetto!
[1] Continuo testardamente a rifiutare la nomenclatura “primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado”, nonostante ne conosca benissimo senso e utilizzo.
[2] A quale appartengo io sono i miei ragazzi a doverlo dire…
[3] Fa sorridere solo me?
[4] I consigli di classe sono formati dal dirigente scolastico attraverso l’assegnazione delle cattedre e quindi ha un po’ di potere discrezionale per poter bilanciare i gruppi di docenti.
[5] Qui dovremmo aprire un capitolo intero sulla scelta e su come le famiglie, a volte, proprio non sappiano ascoltare i loro ragazzi. Ma non è il caso… magari in un prossimo articolo.
6 commenti
Emanuele Breveglieri
Buongiorno, giusto per inquadrarmi…Storyteller Scientifico a contratto, 16 anni di attività prevalentemente nelle scuole elementari, un figlio che, da tre anni, sta facendo le superiori in una scuola pubblica in Irlanda. Lì non bocciano però… Non hanno licei diversificati come da noi (tranne una professionale come il nostro Agrario) e ragazzi e ragazze hanno la possibilità (gli ultimi tre anni) di costruirsi un bouquet di materie per delineare il loro percorso. Inglese, matematica, gaelico e lingua devono essere sempre presenti nel bouquet, ma possono essere affrontati a tre livelli: base, medio, avanzato. Ogni anno l’insieme delle materie scelte determina un punteggio e, alla fine del percorso, questo punteggio ti permette di accedere all’università o meno e non solo: ci vogliono punteggi molto alti per medicina, veterinaria, fisica, meno alti per altre facoltà. E se proprio vieni fulminato da ingegneria aerospaziale e non hai i punti necessari, puoi fare un anno integrativo per ottenerli. Quello che mi raccontava Riccardo (mio figlio) è che si delineano passo dopo passo le attitudini degli studenti:il terzo anno (transition year) serve per provare tutte le materie possibili che poi, a seconda delle tue attitudini e preferenze, porterai avanti per i due anni successivi. Alla luce della mia esperienza personale mi pare un’idea eccellente: ci sono livelli di apprendimento diversificati, la possibilità di scegliere le materie più congeniali, niente test di ingresso all’università. Sarebbe una metodologia da approfondire.
ariel
Bisogna riconoscere che una cosa sono gli aneddoti, un’altra è la statistica. Le tre storie raccontate possono non essere rappresentative. Purtroppo ci sono dei problemi metodologici nello studio degli effetti a lungo termine della bocciatura, per l’Italia ho solo trovato questo:
https://www.neodemos.info/2020/05/22/nuove-evidenze-sulla-inefficacia-della-bocciatura/
In cui si mostra che aumenta la probabilità per i bocciati di abbandonare la scuola definitivamente. Come le statistiche sono affette da problemi metodologici, a maggior ragione lo è l’aneddotica. Uno studente bocciato che si impegna a dare un’immagine di sé diversa dalla realtà può facilmente impressionare i suoi professori. Spesso abbiamo l’impressione di sapere tutto su una determinata situazione, ma la realtà può essere ben diversa dall’apparenza.
Nelle altre nazioni c’è molta variabilità sul tasso delle bocciature, in Francia, Belgio e Germania si boccia di più, in Regno Unito, Norvegia e Finlandia praticamente non si boccia. Volendo semplificare potremmo dire che ci sono paesi che fanno meglio di noi sia bocciano di più che bocciando di meno.
L’OCSE da tempo si pronuncia contro le bocciature:
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://www.oecd.org/education/school/38692453.pdf&ved=2ahUKEwjLnNu0r8vxAhWIy4UKHTilAqsQFjAAegQIAxAC&usg=AOvVaw1TVD6HfVLw_5KqHRdJvfFw
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/48363440.pdf&ved=2ahUKEwjQ45bHsMvxAhVtxYUKHVHzBuIQFjABegQIBRAC&usg=AOvVaw3InTyu57qtwwq-SA_JIaMA
https://www.oecd.org/newsroom/educationreduceschoolfailuretoboostequityandgrowthsaysoecd.htm
Personalmente, a livello concettuale, ho sempre trovato che la bocciatura rappresentasse il fallimento del sistema scolastico, o almeno dell’educazione ricevuta dalla famiglia. Sarò un idelista ma parto dal presupposto che nasciamo tutti uguali ed è l’educazione che riceviamo a farci eccellere o meno. Dunque uno studente bocciato rappresenta uno studente che non si è stati in grado di istruire.
Capisco che questa sia una visione soggettiva. So di diversi neo-nazisti che credono nell’eugenetica e nel fatto che alcuni ragazzi sarebbero nati con gli integrali nel sangue. È una narrazione che non mi ha mai convinto e mi è sempre sembrata una scappatoia per non dover giustificare il proprio fallimento.
federico benuzzi
Innanzitutto grazi per la condivisione: interessanti spunti di riflessione. curiosità: è un collega? Nel caso, di quale grado? E le sue riflessioni sono indipendenti dall’età o relative a un determinato ciclo di studi? Perché io vedo una gran differenza tra i primi cicli e le superiori.
Detto ciò, leggerò con calma anche tutti i documenti (ce ne è di materiale!), ma mi permetto di anticipare alcune idee.
Innanzitutto, condivido: le famiglie hanno una valenza enorme nel successo/fallimento e l’educazione è tanto e può tanto. Ma non credo sia tutto. Le differenze “alla nascita” ci sono e giocano un loro ruolo. Insomma, non mi sento di dire che siamo tutti uguali. Abbiamo tutti gli stessi diritti. Dovremmo avere tutti le stesse possibilità. Ma siamo diversi. …ma stiamo filosofeggiando, in merito al tema “promozione/bocciatura” penso spostino poco o niente i miei sofismi.
In conclusione al primo documento leggo “La bocciatura produce un importante effetto sulle diseguaglianze e, in definitiva, inasprisce le differenze di rendimento e la speranza di acquisizione di titoli scolastici agendo sui noti solchi di classe sociale e origini migratorie”, ma mi chiedo: una promozione, anche laddove non fossero raggiunti obiettivi minimi, cosa comporterebbe? Riuscirebbe il ragazzo a seguire davvero, l’anno successivo? Che valenza avrebbe il suo diploma, laddove le competenze/conoscenze non fossero state raggiunte? Inoltre la relazione tra bocciature e abbandono non è detto che sia causa effetto. I bocciati più facilmente abbandonano la scuola o chi è propenso ad abbandonare il percorso di studi più facilmente colleziona bocciature?
Aggiungo: che valenza avrebbe un diploma se tutti lo avessero?
Probabilmente la revisione dell’idea di promozione/bocciatura, che dovrebbe anticipare la riforma dell’esame di stato, dovrebbe seguire la riforma delle valutazioni, che dovrebbe a sua volta essere anticipata da una riforma organica della scuola (a partire dai “programmi”). Insomma, credo che anche volendo eliminare la bocciatura si dovrebbe prima cambiare la scuola nel suo insieme. Per come è oggi non vedo alternative.
ariel
Grazie per la risposta!
No, purtroppo no. Mi è capitato di tenere qualche lezione a scuole medie e licei, ma è una cosa diversa. So che le mie esperienze sono molto edulcorate rispetto al vero lavoro dell’insegnante. Sono anche cosciente del fatto che queste poche esperienze potrebbero rendermi troppo “ottimista”… Un conto è avere a che fare tutti i giorni con alunni difficili, un conto è averci a che fare per un’ora e avendo la possibilità di distribuire caramelle e gadget.
È vero, la questione sul talento innato è pura filosofia ma spesso mi lascio trascinare. Mettiamola così, meglio fermarsi prima di finire a fare esperimenti come Federico II.
Il primo documento usa la tecnica del matching per mettere a confronto casi simili di ragazzi bocciati e non bocciati. Idealmente quindi misura la differenza in termini di abbandono se i bocciati venissero promossi. Le ipotesi sono forti e non convince al 100% nemmeno me. Però bisogna dire che, sebbene poco, è praticamente tutto quello che abbiamo in termini quantitativi.
In termini più qualitativi, penso che non generare rigetto verso la scuola nei ragazzi possa compensare il presunto danno portato dalle promozioni “regalate”. Un ragazzo “perso” pesa molto di più di qualche speranza che questo si metta in riga in seguito a una bocciatura.
Sulla valenza del diploma invece sono pessimista. Penso che già tutti hanno il diploma e l’ho sempre visto come requisito minimo. Anzi, penso (e spero) che ormai almeno la triennale stia diventando “requisito minimo” (almeno per tutti i lavori d’ufficio). Quindi il diploma lo negherei solo nei casi prossimi all’analfabetismo. Forse un tempo ero più ottimista e mi illudevo che un titolo (diploma, laurea, master, specializzazione, dottorato …) potesse essere garanzia di qualche cosa. Ora sono sempre più rassegnato sul fatto che in ogni gruppo di almeno n persone ci sono sempre almeno m imbecilli, anche se si tratta di vincitori del premio Nobel. Quindi i titoli ci dicono qualcosa sulla media della popolazione ma nulla sui quantili. Per concludere fatico a capire, anche idealmente, quale valore dovrebbe avere un titolo. Può semplificare la scrematura di candidati a una determinata mansione, ma la garanzia si ottiene solo mettendo alla prova lo specifico candidato.
alessandra federica gennari
Interessante argomento. Come insegnante delle medie (odio pure io primaria, secondaria, etc) mi sono posta tante volte il problema bocciare sì o no? E soprattutto per ottenere cosa dal ragazzo/a? Io credo che da noi sia un po’ diverso… Chi sono i ragazzi da bocciare alle medie (generalizzi eh!)? Di solito quelli che nn fanno proprio nulla di nulla. Quelli in difficoltà soggettive od oggettive li aiuti il più possibile perché spesso un po’ di buona volontà ce la mettono ma hanno chiare difficoltà, premi ciò che di buono c’è in loro. Poi ci sono quelli a cui proprio non frega nulla di nulla e spesso si comportano male durante le lezioni, sono ragazzi poco seguiti a casa abbandonati un po’ a loro stessi. Gli unici che sarebbero da bocciare sono questa categoria, Ma a che pro? L’anno successivo pensi di poter ottenere qualcosa di più? Non credo. Il rischio è quello di inserire questi soggetti (più “grandi” dei loro coetanei soprattutto in esperienze di vita vissuta) in classi con ragazzi che sono ancora bambini andando magari a turbare qualche personalità ancora ingenua. Insomma mi chiedo sempre se la bocciatura servirà a chi la riceve e non andrà a compromettere la serenità di altri alunni… Alle superiori forse questo problema si sente un po’ meno perché i ragazzi sono un po’ più grandi e in parte selezionati (nel senso che la scuola se la sono scelta loro). Alle medie non c’è “selezione” li hai tutti, sia quelli che andranno al liceo ma anche chi andrà al professionale… Io credo che se il ragazzo ha qualche capacità ma non le sta mettendo in campo e una bocciatura potrebbe aiutarlo ok sono d’accordo (ma di questi casi alle medie ce ne sono pochissimi quasi nulli) altrimenti li promuoverei tutti perché come dicevo prima i ragazzi con dsa da noi ancora riescono a cavarsela, il problema sono i comportamentali e con quelli i problemi ci sono… Anche perché se non bocci nessuno perdi la fiducia degli altri… La meritocrazia dove la mettiamo? Gli altri, quelli bravi, chiedono sempre perché nn si bocci chi ha delle insufficienze e si fa fatica a far capire loro che bisogna studiare per sé stessi e non mettersi a confronto con gli altri, ma loro il pensiero di dire che tanto anche se non fai niente ti promuovono lo stesso per cui cosa studio a fare loro lo fanno….
Concludo dicendo che forse L’unica categoria che boccierei se vi fosse necessità sarebbero gli stranieri da pochissimo in Italia per permettere loro di imparare meglio la lingua italiana prima degli apprendimenti delle altre materie…
Alessandra
federico benuzzi
bel contributo. grazie.
condivido molto, soprattutto il finale.
propongo un’idea (balzana! mi è venuta in mente ora mentre scrivo, quindi magari tra 5′ già me la rimangio): e se si pensasse a un anno “in più” per quelli che avrebbero dovuto essere bocciati in III media ma che ancora non sono pronti per le superiori? Un momento in cui recuperare le lacune nelle materie di base e scegliere con calma il percorso “dopo”? o è follia?