Lezioni divertenti

5 Aprile 2018

Lezioni divertenti

Pochi giorni fa[1] ho tenuto una delle mie conferenze-spettacolo… lezioni-teatralizzate… oddio! Non so più neppure come chiamarle! Dicevo, ho tenuto uno dei miei interventi nel bresciano, presso un liceo che sono ormai 10 anni che mi “sopporta”. Al termine del mio lavoro, come sempre, tempo per le domande del “pubblico”. È un momento che amo: dopo aver visto qualcosa che reputano bello da parte di un “professionista esterno alla scuola” che credono[2] realizzato si sentono liberi di chiedere di tutto. E qualsiasi risposta, qualsiasi messaggio su insegnamento, allenamento, intelligenze multiple, impegno… viene preso come un consiglio da parte di qualcuno che le stesse cose le ha vissute sulla sua pelle e non come “la paternale di un prof troppo zelante”.  Insomma, è un momento molto importante perché, dopo aver aperto un buchino nella loro barriera di teenager (refrattaria ai consigli dei grandi, soprattutto se professori), si ha l’occasione di buttarci dentro messaggi positivi. Le medesime parole spese in classe non hanno per niente la stessa valenza. Parlo per esperienza personale.

Comunque sia, dicevo: al termine della mia performance, mentre rispondevo alla domanda di un ragazzo suona la campanella dell’intervallo, che decretava anche la fine del mio lavoro. Per chi non vivesse il mondo della scuola, anche indirettamente, o semplicemente non lo ricordasse, “l’intervallo è sacro”! Togli tutto, ad uno studente, ma non togliergli i “10 minuti d’aria”! Durante l’intervallo puoi mangiare, sgranchirti, andare in bagno, svegliarti, ripassare ma, soprattutto, socializzare! E per me socializzare era cercare E-puntata e far in modo, anche solo per un secondo, che i nostri sguardi si incrociassero. Lei probabilmente non sapeva neppure che io esistessi, ma a me poco importava: su quegli sguardi rapiti, o sui sorrisi che ci scambiavamo (o così mi piaceva credere), quanti sogni ad occhi aperti ho fatto! Insomma, toglietemi tutto ma non il mio break!

Solitamente, quando so che il termine delle mie conferenze coincide con l’inizio dell’intervallo, faccio di tutto per finire allo scadere, meglio se un minuto prima, anche solo per rispetto di quel momento sacro per tutti gli studenti del regno. Purtroppo l’altro giorno ho fatto male i conti… e la campanella mi ha colto di sorpresa. Il problema è stato che i ragazzi erano talmente attenti che mi sono perso in riflessioni un po’ più approfondite del solito quando … driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!

Ed ecco il miracolo! Non si è alzato nessuno. Hanno aspettato, in silenzio ed attenti, che finissi la risposta. Quei 5’ di intervallo che mi hanno regalato sono stati uno dei più bei complimenti che mi abbiano mai fatto. …ero talmente preso da questa manifestazione di stima (?) che nel pomeriggio ho condiviso questo aneddoto… ed una mia conoscente, commentandolo, limpidamente ha affermato “i ragazzi sono interessati a lezioni interessanti”.

driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!

I ragazzi sono interessati a lezioni interessanti. Tautologico. Come darle torto? Vero, purtroppo.

Dico purtroppo perché non dovrebbe essere così. Non sempre. Non solo. Ma questa riflessione, tanto semplice quanto sottile, sta diventando per molti docenti un mantra, un comandamento, una condanna! Divertire i ragazzi per tenerli svegli. Interessarli ad ogni costo. Semplificare i concetti più astrusi per permetter loro di capire, cogliere, intuire. Ma quanto è giusto tutto questo?

Ora, non mi fraintendete, reputo che “suscitare l’interesse”, “alleggerire i discorsi”, “semplificare i concetti” siano azioni importanti in didattica… ma non c’è azione che non abbia un lato negativo.

driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!

Suscitare interesse sempre e comunque.

Per raccogliere “frutti saporiti” si deve arare il terreno, seminare, innaffiare, proteggere le giovani piante dal freddo e poi, solo dopo un lungo lavoro, si può godere del raccolto. Ma così come lo strappare le erbacce, il rompere le zolle più grosse, il riscaldare le piante con getti d’aria perché non gelino la notte non è certo divertente, non lo è il lavorare sul calorimetro o sul ciclo di Carnot… ma poi si arriva a parlare di II principio della termodinamica, di entropia e tempo, e allora sì che l’interesse si accende! È quello il momento in cui godere del succo del sapere. E della sua polpa. Momento sublime che arriva però dopo un lungo lavoro. Che tutto è stato, meno che (necessariamente) interessante. Non dico che non possa esserlo, certo non “deve”. Purtroppo, invece, abituando i ragazzi ai “fuochi artificiali”, quando si richiede loro di lavorare duro, di seminare, mostrano tutte le loro resistenze. E per chi proprio non lo fa, i frutti non sono così buoni e, nei casi più gravi, il raccolto diventa impossibile.

driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!

Alleggerire i discorsi come fossimo cabarettisti.

Troppo spesso mi capita di sentire “bravo quel prof! Fa ridere!”… ma davvero un docente è bravo quando è simpatico? Certo, dire qualche strafalcione, usare iperboli, inserire qualche battuta tra un passaggio e l’altro aiuta a passare l’ora, il trimestre, l’anno, il percorso intero. E Dio solo sa quanto certe lezioni siano pesanti (concettualmente e tecnicamente) quindi, a volte, una risata aiuta davvero. Ma le risate, o anche solo i sorrisi, possono deviare il pensiero e distogliere la concentrazione, impedendo di mantenere il filo del discorso. E poi i ragazzi devono anche imparare a sudare, su certi concetti: è (anche, non solo) con l’impegno disinteressato che si ottengono risultati veri, duraturi, persistenti.

driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!!!

Semplificare i concetti più ostici.

Non hai capito qualcosa davvero se non sei capace di spiegarlo ad un bambino. È una massima[3] che ho sempre condiviso, anche se non penso sia vera in assoluto.Non dobbiamo dimenticare che un conto è dimostrare di aver capito un concetto, un conto è farlo capire. E ancora, i ragazzi delle superiori non sono bambini. Sono anni che lavoro per trovare metafore efficaci, metodi altri per spiegare i concetti più complessi. Ma è davvero giusto farlo? Non lo so più. Innanzitutto perché, per quanto ci sforziamo scegliere le parole, curare gli esempi, sottolineare le differenze, una metafora non è ciò che rappresenta. E poi, quando gli alunni trovano le cose davvero semplici, spesso non si sentono in dovere di studiarle, non fissano e a quel punto le perdono, nonostante l’illusione (?) di averle fatte loro.

Insomma, sono anni che insegno e ho fortissimi dubbi su questo mestiere: su quali siano i modi più adatti, i tempi più consoni.

Galilei diceva “il buon insegnamento è per un quarto preparazione e per tre quarti teatro”. Continuo a credere fortemente in questa massima. Ma dobbiamo ricordare che esistono diversi tipi di teatro. Il “comico” o il “brillante” sono solo una delle possibilità.


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[1] Mentre scrivo il presente articolo siamo ai primi di maggio 2017

[2] Non dico di esserlo

[3] Credo di Einstein

10 commenti

  • Ciao,
    oggi mi è capitato di assistere al tuo spettacolo con la mia classe di “insofferenti” del mondo, degli adulti, della scuola. Prima di aderire, in classe mi sono sentito dire le solite cose: “ma è obbligatorio?”, “non mi va, poi costa troppo!”, “sarà il solito teatro, ne abbiamo già visti tanti”. A fatica li ho convinti, promettendo, alla cieca, che sarebbe stato interessante. Oggi all’uscita ero orgoglioso di me stesso per la soddisfazione, l’entusiasmo regnava e tra i tanti commenti soddisfatti una ragazza ha asserito: “è durato troppo poco” e sappiamo quanto il tempo di attenzione e concentrazione per la loro generazione sia breve. Bene Federico, credo che oggi tu abbia raggiunto nel profondo quello che dovrebbe essere il nostro lavoro. Il tuo messaggio ha raggiunto l’obiettivo, li hai agganciati. È fondamentale per loro avere qualcuno anche al di fuori della scuola che parla e ribadisce certe cose, di come sia importante porsi sempre domande e di studiare per ragionare. Continua nella tua missione che è evidente anche ti diverte ed è forse per quello che ti riesce così bene.

    “È l’arte suprema dell’insegnante risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza”.
    Albert Einstein

    • federico benuzzi

      Questo mestiere, il doppio lavoro, sono causa di tanti sacrifici, fatica, stress, rinunce. E là prima a farne le spese è la vita privata.
      Messaggi come questo sono linfa vitale, per me.
      Grazie. A te e ai tuoi ragazzi.
      Felice Federico.

  • Salve prof,come mai un uomo come lei…che fa entrambe le cose che gli piacciono( il professore e l’attore) è insoddisfatto della sua vita? Cosa pensa che manchi nella sua vita?

    • federico benuzzi

      Ciao.
      Non so se hai dedotto tutto ciò da questo articolo o se hai altre informazioni, Ma io della mia vita lavorativa sono estremamente soddisfatto. Certo è che i piani del vivere Sono molteplici e si intersecano continuamente! per fare questo doppio lavoro come lo sto facendo sto rinunciando a molte altre cose e tutto questo ovviamente a discapito di un po’ di serenità.
      Non voglio ora entrare nel merito ma per capire meglio A cosa sto pensando ti consiglio il libro “felicità” di Daniel Nettle.
      buona vita

  • Condivido ma con una piccola riserva!

    Bisogna ammettere che stanno nascendo modelli di divulgazione sempre migliori e anche se oggi è un dato di fatto che se non si vogliono semplificare i concetti bisogna fare anche del lavoro meno “divertente”, questa non è una legge della natura e non escludo che in un futuro più o meno prossimo sarà possibile studiare materie scientifiche divertendosi il 100% del tempo senza necessariamente edulcorare nulla, anzi, trovando affascinante anche quello che oggi è visto come il conto più arido.

    In sostanza non vedo cosa ci sia di intrinsecamente noioso nel ciclo di Carnot.

    Vorrei condividere alcune risorse in particolare per quanto riguarda la matematica per spiegarmi meglio…

    Il primo è un sito di problemi semplici che ai primi anni di superiori mi coinvolgeva più di qualunque videogioco. Ho smesso di “giocarci” dopo aver superato i 1000 problemi:
    https://artofproblemsolving.com/alcumus
    Ha anche una “versione” con sfida diretta tra più giocatori:
    https://artofproblemsolving.com/ftw
    Lo stesso sito ospita dei video di base che penso riescano a coinvolgere anche quando si spiegano dei passaggi algebrici standard:
    https://artofproblemsolving.com/videos
    Un sito simile è https://brilliant.org/

    Questo primo blocco propone un approccio problem-oriented, 10 minuti brevi e coinvolgenti di teoria e poi problemi finché non ci si sente sicuri. Esistono modi per rendere sempre più coinvolgenti anche le lezioni più frontali eliminando i tempi morti e preparando in anticipo degli strumenti grafici potenti. Un esempio è questo video:
    https://www.youtube.com/watch?v=K8P8uFahAgc
    e in generale tutti i video del canale 3Blue1Brown seguono questa filosofia.

    Penso che se realtà del genere fossero più diffuse e open-source (3Blue1Brown condivide il codice con cui realizza grafici e animazioni https://github.com/3b1b/manim ma è il solo a farlo ed ha ancora poca documentazione) ci sarebbe un miglioramento continuo del materiale (libri di testo inclusi) a disposizione fino ad avere un insieme di strumenti in grado di accompagnare dalla prima elementare alla quinta superiore e oltre! Materiale che se affidato ad un docente con la giusta personalità potrebbe far nascere una profonda passione negli studenti, ma che sia in grado di dare ottimi stimoli anche quando presentato da un docente meno motivato.

    Trovo invece che il fatto di avere libri di testo non “modificabili” dai docenti e costringersi a usare solo quelli sia un grosso limite, sia per l’imposizione di un approccio che in quarant’anni ha introdotto ben poche novità, sia per l’impossibilità di fare sistematicamente delle piccole correzioni.

    La morale è:
    Vedo così tanta strada davanti da immaginare che in futuro la spiegazione standard del ciclo di Carnot fatta in una generica scuola secondaria potrà essere più appassionante di quello che oggi ci sembra l’argomento più accattivante che spieghiamo.

    • federico benuzzi

      Innanzitutto grazie per i links ma ancora di più per il tempo trovato per dare questa risposta!

      Per il resto, continuo a trovare moltissima differenza fra il divulgare e l’insegnare ma capisco quando dici che abbiamo molta strada davanti e questi piani si potranno domani influenzare, intersecare e forse un giorno anche fondere insieme.

      … questo articolo voleva essere uno spunto di riflessione partendo da una mia ricerca personale tuttora ancora in atto.

      A presto e grazie ancora

  • Massimo Ferri

    Da docente non rifuggo dal “cabaret”, sempre però legando la battuta a un’esemplificazione o anche a un’allegoria, ma pertinente a quello che sto spiegando. D’altra parte è un punto chiave delle tecniche mnemoniche il ricorso all’assurdo, al comico, perfino al sesso (che però a lezione è meglio evitare…).
    La matematica si presta troppo ad essere noiosa per la sua stessa struttura: non puoi cominciare a parlare senza definizioni; non puoi considerare appurato un asserto senza dimostrazione. Perciò lo spunto che la faccia riconoscere come esperienza umana e non come escremento divino può motivare lo studente a esplorarla. Senza motivazione è impossibile studiare qualsiasi cosa, in modo particolare la matematica. La fisica ha qualche risorsa in più, dato che parla del mondo reale.

  • “Quando i bambini guarderanno i grandi scienziati come guardano i grandi cantanti e attori, la civiltà passerà al livello successivo” diceva Brian Greene…
    Qualcuno lo ha preso troppo alla lettera e pensa che basti semplicemente indossare i panni della rockstar per raggiungere il risultato. Trasformare la scienza in uno spettacolo non è la via. O meglio, far passare il solo lato eclatante è riduttivo e sminuente. La chiamo “Scienza yeah yeah”. Ci vuole anche quella in fondo…
    Ma agli studenti dovrebbero essere dati gli strumenti per emozionarsi davanti alle equazioni di Maxwell o all’identità di Eulero

    • federico benuzzi

      In medio stat virtus, giustamente.
      …il cruccio che mi pongo e dove posizionare il fulcro…

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