E = m c^2, il lato oscuro

5 Maggio 2018

E = m c 2, il lato oscuro

Albert Einstein fu tardivo nell’imparare a parlare, nella lettura e nell’apprendimento in genere: tutto sembrava meno che destinato a grandi imprese. Poi, all’età di 26 anni, pubblicò la prima formulazione dell’equazione forse più famosa al mondo: E = m c 2. Una formula elegante, breve, chiara: la massa può trasformarsi in energia e l’energia può trasformarsi in massa. E visto che la velocità della luce c, costante universale, ha un valore enorme, la quantità di energia che si può ottenere da una piccola massa è spropositata. Intuita la potenzialità della scoperta quasi subito furono avviate importanti ricerche scientifiche per riuscire a liberare tanta energia, sia a scopi civili (ne parleremo nel prossimo numero) che a scopi bellici.

Alla vigilia della II guerra mondiale, Einstein era favorevole a posizioni pacifiste, ma era consapevole che non basta desiderare la pace: si deve lottare per ottenerla. Il 2 agosto del ’39, dopo essere venuto a conoscenza di alcuni lavori di scienziati tedeschi riguardanti esperimenti con l’uranio, scrisse una lettera a Roosvelt, allora Presidente degli Stati Uniti D’America, per chiedere di finanziare senza indugio ricerche sull’energia nucleare. A tale richiesta il presidente americano rispose istituendo una commissione d’inchiesta che finì col dare ragione allo scienziato. Il 16 luglio del ’45, dopo 2 miliardi di dollari e il lavoro di migliaia di persone, il primo test sull’ordigno fu pronto.

La prima bomba-A della storia fu fatta brillare nel deserto del New Mexico a 30km dall’abitazione più vicina. Robert Oppenheimer, un giovane ricercatore che aveva seguito il progetto e che assistette all’esplosione da un bunker a 15km di distanza, dichiarò: “sono diventato la Morte, un distruttore di mondi”.

Tenete conto che gli effetti di una bomba atomica sono aberranti. La temperatura raggiunta (oltre 20 milioni di gradi) e il calore liberato provocano la volatilizzazione delle sostanze organiche. Gli esseri umani letteralmente spariscono. E quelli che sopravvivono riportano ustioni che conducono alla morte tra atroci sofferenze. Il lampo di luce generato provoca la cecità. L’onda d’urto distrugge tutto ciò che incontra. L’impulso elettromagnetico interrompe le comunicazioni per lungo tempo e distrugge le apparecchiature elettroniche non schermate. …e tutti gli effetti elencati si propagano per decine di chilometri.

Einstein, che aveva deciso di non seguire il progetto e non assistere al collaudo, dopo che i primi due ordigni furono sganciati su Hiroshima e Nagasaki dichiarò: “Nella mia vita ho commesso un tragico errore: quando ho firmato la lettera al presidente Roosvelt”.

Vorrei solo concludere ricordando le potenze in gioco: Little boy (Hiroshima) 16 chilotoni; Fatman (Nagasaki) 25 chilotoni; la bomba nucleare più potente mai testata (Russia) 50 megatoni. Un chilotone è l’energia prodotta dall’esplosione di 1000 tonnellate di tritolo.

Per la cronaca: l’ordigno fatto brillare ad inizio anno dalla Corea del nord era di “soli” 10 chilotoni. …ma c’è davvero da festeggiare?

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Il presente articolo (primo di una trilogia) è stato pubblicato sulla rubrica “Fisica? Un gioco.” – Sapere, aprile 2016 – ed. Dedalo.

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