DisquisiScienza.

5 Luglio 2017

DisquisiScienza.

Siamo seduti in salotto: una cara amica, suo marito e me.

Lei prof di vecchia data alle scuole superiori è una di quegli insegnati pronti, preparati e attivi. Oltre alle ore curricolari da sempre si spende in mille attività parallele, scrive per riviste scientifiche, pubblica libri di didattica, segue gite e alternanza scuola lavoro anche in estate, partecipa alle iniziative di Insegnanti senza frontiere… Insomma, Vive per la scuola da tempo, forse troppo. Il burnout è un rischio per tutti i docenti. Ma sentendola parlare, nonostante le battute o gli sfoghi, mi sembra di intuire ancora quella passione, per la materia, e quell’amore, per i ragazzi, che tutti gli insegnanti dovrebbero avere. Passione e amore che, quando vengono meno, forse è meglio mollare. Ma non è ancora tempo, per lei.

Lui è professore di Matematica superiore all’Università. È stato preside di facoltà, presidente di un importante museo scientifico a livello internazionale, ricercatore di punta e ancora pubblica articoli interessanti e di frontiera. Una di quelle persone che ha la materia talmente chiara, in testa, da faticare a volte a parlarne (forse lui neanche se ne accorge) perché, mentre appassionatamente segue il suo pensiero, finisce col dare per scontato passaggi o implicazioni che non tutti possono cogliere. E al tempo stesso è una persona alla mano, che ama la Matematica ma anche la sua famiglia, immensamente, e una tisana, prima di andare a letto.

Poi ci sono io. Che spesso mi sento piccolo, quando chiacchiero con loro, ma che tanto amo quei momenti di confronto: così spontanei, genuini, profondi. Io: professore, divulgatore, attore e giocoliere… che da tanti anni tengo i piedi in più scarpe nella speranza di calzarle bene tutte e con la paura di non riuscirci … ma questa è un’altra storia.

La cena è stata perfetta: non troppo abbondante, ma da saziare, con una buona birra ed un caffè deciso. Ora è il momento del relax e da tavola ci siamo spostati nel salotto. Si parla di tutto e di niente, come sempre, toccando la politica, il gossip, i sogni, le storie passate e la nostra comune passione: La Scienza. Le Scienze: Matematica e Fisica, su tutte. E tra le mille cose dette, condivise, sostenute e mediate, una domanda mi torna alla mente, ora: “Cosa ci piace, della scienza?”. Questa la risposta che ci siamo dati, ciò che tre visioni distinte hanno partorito, frutto del pensiero condiviso, della discussione e del buon vino.

Innanzitutto la linearità del pensiero scientifico. Quando da una ipotesi o da alcuni fatti che diventano punto di partenza del ragionamento o postulati, seguono passi logici, condivisibili, che portano ad un punto di arrivo “oggettivo”: tesi, formula, concetto o principio che sia. E di questi passaggi, dimostrazioni, riflessioni, ciò che più ci colpisce è che dopo che sono state formulate, quando le si osserva nel loro insieme, la sensazione che si prova è che fossero sempre state lì, scritte… che forse bastasse solo scoprirle. E ancora, la genialità di alcuni passaggi, le intuizioni, le strade nuove: quelle sì sono illuminanti. Esaltanti! Il genio ci lascia sempre senza parole. Ma, al tempo stesso, l’essere (quello del ricercatore) un lavoro artigianale, con strumenti tutti suoi che vanno appresi, studiati, capiti e, solo allora, usati con mestiere ha un fascino tutto suo, un senso che trova le radici nel vecchio adagio “il lavoro nobilita l’uomo”.

Ma la scienza è per tutti? Sì, certo, la risposta è affermativa. Ma sicuramente per apprendere il metodo scientifico, per capire certe dimostrazioni, per carpire il significato di certe formule, per non mischiare certe conclusioni con il pensiero magico e la superstizione serve tempo, esercizio, metodo. La scienza è per tutti, ma chi vuole approcciarla deve farlo con serietà, certo che farà fatica, per poter assaggiare i frutti promessi.

Poi c’è il senso di stupore. Perché la fantasia può portarti lontano, ma mai ho letto qualcosa di più sconvolgente di ciò che le teorie scientifiche oggi accreditate portano alla luce! Big Bang, Buchi neri, Multiverso, Entanglement quantistico sono solo alcuni esempi di un mondo che mai nessuno aveva neanche lontanamente osato immaginare, prima.

Ma ancora una volta, perché lo stupore sia pieno e non confuso con la meraviglia che si prova verso certe storie di fantasia, la scienza va capita, studiata nel profondo, vissuta. Perché se raccontassi a qualcuno che è a digiuno di “metodo” o formazione le “prodezze” delle particelle quantistiche o la vita “dentro” i buchi neri super-massicci il rischio sarebbe di sentirsi parlare di rettiliani o, peggio ancora, di fisica quantistica emozionale. E una società complessa come la nostra non può permetterselo! Studiare le Scienze ed il pensiero scientifico, capirne il metodo, i modi, i tempi e i limiti, diventa un dovere: verso noi stessi e verso la società. Ed è per questo che chi fa divulgazione scientifica ha un onere, un privilegio e, come disse Ben Parker a Peter, grandi responsabilità. Dovremmo profondamente interrogarci, noi del mestiere: troppo spesso la divulgazione si riduce al “sorprendere con effetti speciali”.

…e infine, per tornare alla domanda iniziale, della Scienza e del metodo scientifico ti puoi fidare. Questo è bellissimo.

 

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2 commenti

  • Stefano Marcellini

    La cosa che mi piace di più della scienza è che ogni scoperta pone nuovi problemi, nuove domande che fino a poco prima non avevamo neanche gli strumenti per immaginarli. E’ la differenza con tutte le altre forme di conoscenza sedicenti tali, ed è ciò che rende la scienza “viva”. Mi piace questa immagine, che ho sentito un volta da un mio collega: la conoscenza scientifica è come un pallone che si gonfia. Il volume è ciò che si sa, la superficie è ciò che non si sa. E la superficie aumenta sempre.

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